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Inapplicabilità del regime di esclusione per indennità obsolete convertite in welfare aziendale

In una nuova risposta l’Agenzia delle entrate affronta il tema dell’inapplicabilità del regime di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente per indennità obsolete convertite in prestazioni di welfare aziendale (Agenzia delle entrate, risposta 31 luglio 2025, n. 195).

La Società Istante ha rappresentato che il proprio contratto collettivo nazionale di riferimento consente di definire, in sede aziendale, modalità di conferimento di importi spettanti ai lavoratori in sostituzione delle indennità soppresse agli istituti di welfare contrattuale.
In esecuzione di tale previsione, la Società ha stipulato un accordo sindacale che, a partire dal 1° gennaio 2025, prevede la soppressione di indennità obsolete e la possibilità per i lavoratori interessati di conferire a welfare aziendale gli importi corrispondenti.
L’Istante ha sottolineato che:

  • le somme e i servizi sono destinati a un gruppo omogeneo e predefinito di dipendenti (l’intera categoria che percepiva le indennità soppresse), escludendo assegnazioni solo per specifici lavoratori;
  • questi benefit non assumono una connotazione strettamente reddituale, essendo utilità aggiuntive concesse a seguito della soppressione di indennità precedenti che avevano finalità retributive, ma che sono state eliminate a causa della loro obsolescenza;
  • il conferimento a welfare contribuisce a una strategia di fidelizzazione dei dipendenti, aumentando la loro soddisfazione e motivazione.

Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha ricordato l’articolo 51, comma 1, del TUIR il quale stabilisce il principio di onnicomprensività, secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Ciò include sia emolumenti in denaro sia beni, servizi e opere offerti dal datore di lavoro.
L’articolo 51, comma 2 e 3, del TUIR individua specifiche deroghe, elencando opere, servizi, prestazioni e rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte. Tuttavia, queste deroghe si applicano a condizione che l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito e non violi i principi di capacità contributiva e progressività dell’imposizione.

 

La risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E, ha già avuto modo di chiarire che se i benefit rispondono a finalità retributive, il regime di esenzione non può applicarsi. Un piano di welfare che preveda un’erogazione in sostituzione di somme che costituiscono retribuzione fissa o variabile dei lavoratori non è in linea con le disposizioni dell’articolo 51, commi 2 e 3, del TUIR.
Le disposizioni derogatorie dell’articolo 51, essendo agevolative, non sono estensibili a fattispecie diverse da quelle previste normativamente, e tra queste non è compresa l’ipotesi di applicazione in sostituzione di retribuzioni altrimenti imponibili basata su una scelta dei soggetti interessati.
Non è coerente con la ratio della normativa consentire la riduzione dei redditi imponibili in ragione della tipologia di retribuzione (in denaro o in natura) scelta dai lavoratori. Di conseguenza, i benefit erogati in un piano welfare in cui i lavoratori hanno deciso di non percepire un premio in denaro assumono rilevanza reddituale.

L’unica eccezione a tale regola è disciplinata dall’articolo 1, commi 182 a 188, della Legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016), dove è prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF sui “premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione”, con la possibilità di convertire tali premi in prestazioni di welfare senza che concorrano a formare il reddito di lavoro dipendente.
La Circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, ha precisato che questa disposizione si applica solo se congiuntamente:

– le somme costituiscono premi o utili riconducibili al regime agevolato (premi di risultato);

– la contrattazione di secondo livello attribuisce al dipendente la facoltà di convertire i premi o gli utili in benefit di cui all’articolo 51, commi 2 e 3 del TUIR.

Pertanto, la disposizione agevolativa non si applica nel caso di conversione tra remunerazione monetaria e benefit prevista al di fuori delle condizioni stabilite per i premi di risultato.

 

Nel caso della Società Istante, l’accordo sindacale prevede la soppressione di indennità obsolete e la possibilità di conferire a welfare gli importi corrispondenti. Queste indennità non rientrano nella definizione di “premi di risultato”. Inoltre, in mancanza di una scelta esplicita per il welfare, i dipendenti avrebbero ricevuto le indennità abolite sotto forma di un “ad personam” pari al 100% del valore medio percepito negli ultimi 5 anni. Ciò dimostra che la conversione a welfare è una sostituzione di voci imponibili della retribuzione.

In ragione di queste circostanze, l’Agenzia delle entrate ritiene che la quota di retribuzione relativa ad indennità soppresse, convertite, su scelta del dipendente, in prestazioni di welfare, non possa fruire del regime di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 51, commi 2 e 3, del Tuir. Pertanto, tale quota deve essere assoggettata a tassazione secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente.

CCNL Dirigenti aziende industriali: siglato accordo in materia di politiche attive

Definizione del nuovo sistema di servizi di politiche attive per i dirigenti 

Lo scorso 24 luglio 2025 Confindustria e Federmanager hanno siglato un accordo in materia di politica attiva per i dirigenti, a cui si applica il CCNL per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi, sottoscritto il 13 novembre 2024. Tale accordo definisce un sistema di servizi di politiche attive per i dirigenti e l’affidamento della loro gestione alla Fondazione Fondirigenti Giuseppe Taliercio.

Le Parti Sociali hanno stabilito di individuare come destinatari di tali servizi tutti i dirigenti a cui si applica il CCNL sopra menzionato, nonchè i dirigenti disoccupati da non più di 6 mesi, ovvero non più di 12 mesi antecedenti l’attuazione dei servizi previsti dal contratti.

Alla Fondazione viene affidato il compito di definire e gestire il percorso di screening delle competenze dirigenziali al fine di realizzare, attraverso tale attività di profilazione, un sistema di servizi basato sullo stato occupazionale. 

E’ stato previsto un percorso che include servizi di orientamento, bilancio delle competenze, formazione e, per i soli dirigenti disoccupati, anche un servizio aggiuntivo di placement per la ricollocazione professionale.

Per i dirigenti occupati, lo screening delle competenze mira a rafforzare il loro profilo manageriale e culmina in un piano di sviluppo professionale. Per i dirigenti disoccupati, il percorso si conclude con un piano di autopromozione, attività formative mirate a rafforzare l’identità professionale e la possibilità di usufruire del suddetto servizio di placement.

Con l’accordo la Fondazione viene incaricata di preparare accordi convenzionali con gli attori del settore e di sviluppare una piattaforma digitale per rendere i servizi e le informazioni accessibili. Viene anche autorizzata alla riscossione di una quota di finanziamento di tali servizi che deve essere versata entro il 30 novembre 2025.

Viene, inoltre, autorizzato il trasferimento dei dati da 4.Manager, azienda incaricata finora del servizio, alla Fondazione, ma per garantire la continuità del servizio viene stabilito che esso continuerà ad essere fornito da 4.Manager secondo le modalità vigenti fino al 31 dicembre 2025.

Le Parti Sociali si sono impegnate, infine, a stipulare un contratto collettivo entro il 30 novembre 2025 per poter avviare i servizi nel 2026. 

Decontribuzione Sud PMI: chiarimenti sulla definizione

L’INPS riepiloga i criteri per qualificare le micro, piccole e medie imprese beneficiarie dell’esonero contributivo “Decontribuzione Sud” (INPS, messaggio 30 luglio 2025, n. 2398). 

La Legge di bilancio 2025, all’articolo 1, comma 406, ha previsto un esonero dal versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, limitatamente alle microimprese e alle piccole e medie imprese che occupano lavoratori a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna (cosiddetta Decontribuzione Sud PMI).

 

La definizione di microimpresa e di piccola e media impresa è contenuta nell’allegato I al regolamento (UE) 2014/651 della Commissione, del 17 giugno 2014 (articoli 1 e 2).

 

Dal suddetto quadro normativo si evince che la individuazione di “microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI)” prende in considerazione i tre seguenti criteri:

 

– il calcolo del numero dei dipendenti effettivi;

– il fatturato annuo;

– il totale di bilancio annuo.

 

In particolare, la categoria delle micro, piccole e medie imprese è costituita da imprese che hanno:

 

1) meno di 250 occupati;

 

2) un fatturato annuo che non supera i 50 milioni di euro o, in alternativa, un totale di bilancio annuo che non supera i 43 milioni di euro.

 

L’INPS, con il messaggio in commento, comunica che è stata rilasciata una apposita funzionalità all’interno delle denunce mensili volta a verificare la forza lavoro del mese di competenza e a inibire, in via prudenziale, la possibilità di inviare la denuncia con valorizzazione della “Decontribuzione Sud PMI” qualora il numero di dipendenti calcolato nel mese risulti superiore alle 250 unità.

 

Tuttavia, considerato che per calcolare gli effettivi e gli importi finanziari bisogna tenere in considerazione l’ultimo esercizio contabile chiuso ed effettuare il calcolo su base annua, tale controllo può essere superato dal soggetto interessato che ritenga di rientrare nell’ambito di legittima applicazione della misura in trattazione, inviando la denuncia mensile con la valorizzazione della “Decontribuzione Sud PMI”.

 

Qualora si verificasse tale ipotesi, l’Istituto precisa che è onere dello stesso soggetto interessato di fornire, su espressa richiesta, la documentazione probante relativa al rispetto delle soglie dimensionali annue e di fatturato o di bilancio.